Piacenza

Alla caduta del regime fascista viene costituito un Comitato delle opposizioni che, dopo l’armistizio e la conseguente rapida occupazione della città da parte delle unità corazzate della Wehrmacht, cerca di sensibilizzare cittadinanza e autorità a resistere a fianco da alcuni reparti militari italiani impegnati in duri scontri. I tedeschi hanno facilmente la meglio: sono quasi 6mila gli IMI piacentini che, sorpresi dall’8 settembre sui vari fronti, rifiutano l’arruolamento e sono deportati nei campi di lavoro nel Terzo Reich. Le truppe tedesche, con i militi della ricostituita Milizia fascista danno la caccia, con l’aiuto di delatori prezzolati, ai prigionieri stranieri in fuga dai tre Campi di Veano, Montalto, Rezzanello e dall’ospedale del Collegio Morigi. Vengono incarcerati e deportati ad Auschwitz gli ebrei, già sottoposti dal ’38 alla discriminazione razziale.

Iniziano così la dura repressione e l’impegno degli uomini e delle donne della Resistenza.

Mentre sul territorio i fascisti faticosamente riorganizzano le istituzioni locali della neonata RSI, sottoposte per ogni deliberazione all’autorità tedesca, nascono le prime Bande in montagna in val Nure, val d’Arda, val Trebbia e val Tidone, in seguito accorpate e inquadrate militarmente in Brigate da uomini con esperienza bellica, sia di provenienza locale e italiani – Pietro Inzani, Giuseppe Panni, Vladimiro Bersani, Giovanni Molinari, Giuseppe Prati e Fausto Cossu -, sia stranieri, come gli ex prigionieri Andreas Spanoyannis/il “Greco”, Milič Dusan/ “Montenegrino”, Archibald Donald Mackenzie/“Capitano Mack”, Joven Grcavaz/“Giovanni lo Slavo”. L’esodo verso la montagna e l’adesione alle SAP (Squadre d’Azione Patriottica) di pianura si fanno più intensi per la fuga dei giovani chiamati alle armi con i numerosi bandi di leva obbligatoria e il pericolo di cattura: da poche centinaia nei primi mesi del ’44, i partigiani diventano circa 8000 nella tarda estate. I partiti antifascisti promuovono la nascita del CLN, rifondato nell’estate del ’44, quando prende forma il CU della XIII zona, sottoposto al CUMER NE e al CLNAI: l’anarchico Emilio Canzi diventa, per prestigio e competenza, Comandante unico. Protagonisti del CLN sono: Francesco Daveri e Emilio Molinari/Dc, Paolo Belizzi e Remo Polizzi/ Pci, Mario Minoia, Giuseppe Arata e Luigi Rigolli /Psi, Raffaele Cantù e Antonino La Rosa/Partito d’Azione.

Martellata dai bombardamenti alleati, aventi come obiettivo i ponti e le installazioni militari, ma che sventrano anche il centro storico, la città dal maggio si svuota per gli sfollamenti, mentre il partigianato sui monti subisce contenuti rastrellamenti da parte della RSI. Dal luglio ‘44, con la nascita della Brigata nera “Pippo Astorri” e l’arrivo delle formazioni fasciste in fuga dal centro Italia, la guerra civile si fa più violenta: le campagne e il lungo Po sono setacciate con le autoblindo corazzate dell’Arsenale militare. Nulla però i Repubblicani possono contro l’insorgenza partigiana, giunta a controllare la media ed alta collina con la nascita di alcune zone libere autoamministrate attorno a Bobbio e a Bettola, sede del CU. Dall’estate perciò gli occupanti tedeschi prendono in mano la situazione per rifornirsi di uomini e risorse (operazione Wallenstein I del luglio 1944 ad opera delle truppe della Flack con il rastrellamento di centinaia di civili tradotti in Germania per il lavoro coatto e l’arresto di tutti i parroci; conferimento obbligatorio di generi alimentari alla Militärkommandantur 1008) e per la necessità di controllare il retro-fronte della Linea Gotica, al fine di assicurare rifornimenti alle truppe e lo spazio di manovra. La provincia di Piacenza, in zona strategica per la sua posizione sul Po e all’incrocio tra la via Emilia e le strade verso la Liguria, viene coinvolta nelle operazioni di rastrellamento contro le Divisioni partigiane dell’inverno ’44-’45. Oltre 10.000 uomini della 162ª Divisione Turkestan e forze locali disponibili setacciano l’Appennino ligure-emiliano con una forza di uomini, armi e automezzi schiacciante, procedendo al bracconaggio a uomo, incendiando case e villaggi, violentando. Emilio Canzi, dopo che hanno dovuto cedere e sganciarsi le Brigate investite da ovest ad est, dichiara lo scioglimento delle forze della Resistenza. Cadono in combattimento o catturati oltre 250 resistenti, perché sorpresi stremati dopo giorni di neve, freddo, fame, abbattuti anche con esecuzioni di massa (Passo dei Guselli, Coduro di Fidenza, la Rocchetta di Morfasso, Rio Farnese). 200 circa sono deportati a Mauthausen/Gusen, Flossenbürg, Dachau, Ravensbrück. Tra gennaio e febbraio ’45, anche la RSI, umiliata dai rapimenti e uccisioni dei suoi responsabili politici e dalle adesioni alla Resistenza di centinaia di carabinieri dei Presidi GNR e degli alpini della Divisione Monterosa, mette in atto la vendetta. Sono catturati a causa delle spie e fucilati dopo processi del Tribunale speciale, tra gli altri, il mitico “Ballonaio”, l’ex carabiniere Alberto Araldi, don Giuseppe Borea, uno dei tanti cappellani delle formazioni partigiane e, il 21 marzo, 10 partigiani prelevati dalle carceri.

Da febbraio 1945, nonostante che le forze della RSI siano state rafforzate con il Kampfgruppe Binz delle SS italiane, da cui dipendono tutte le operazioni e che tenta un’ultima offensiva il 16 aprile contro la base partigiana di Monticello, la Resistenza rinasce anche grazie alla ripresa dell’offensiva alleata, riorganizzando gli uomini in nuove Brigate e tre Divisioni di vallata con circa 4000 combattenti. Il 28 aprile, dopo la fuga dei tedeschi e dei fascisti oltre il Po, la rioccupazione di Bettola, Lugagnano, Bobbio e Pianello, la progressiva estensione del controllo verso la pianura e tre giorni di durissimi combattimenti supportati dalle truppe alleate brasiliane, Piacenza è liberata.


Mappa e cronologia degli eventi

La liberazione della città di Piacenza dalle forze nazi-fasciste

28 aprile 1945

La liberazione della città di Piacenza dalle forze nazi-fasciste

Piacenza - Presenza degli alleati

Il 28 aprile 1945 avviene la liberazione di Piacenza con l’entrata in città dei primi contingenti partigiani scesi in pianura