La battaglia di Fiesso e Vigorso
Il 16 ottobre 1944 un gruppo di partigiani delle brigate bolognesi: 36a “Bianconcini”, 62a “Camicie Rosse” e 66a “Jacchia” rimasti dietro le linee, su ordine del Cumer si trasferiscono nella zona di Budrio per unirsi alla 4a brigata “Venturoli” e insieme raggiungere Bologna.
Giunti sull’argine del fiume Idice i partigiani incontrano alcuni del battaglione Sap “Pasquali” che li accompagnano nel luogo dove devono incontrare la guida che li deve condurre a Bologna. La guida però non arriva e il comandante del battaglione “Pasquali” decide di sistemarsi in una casa colonica nel podere Prando di Vigorso (Budrio). Qui, però, sono presenti alcuni disertori dell’esercito tedesco di origine polacca o cecoslovacca, per cui i partigiani decidono di spostarsi nel podere Mazzacavallo: è il 20 ottobre.
Da alcuni giorni gira voce di un imminente rastrellamento tedesco. Infatti, all’alba del 21 ottobre, i tedeschi del battaglione di riserva della 305a divisione tedesca, coadiuvati dai militi della 23a Brigata nera “Facchini”, avuta la notizia della presenza dei partigiani – grazie alle informazioni recuperate dal Frontaufklärungstrupp 373, attivo in zona da alcuni giorni –, iniziano un vasto rastrellamento partendo dalla zona di Fiesso di Castenaso.
Quando il rastrellamento raggiunge il podere Mazzacavallo, sotto una fascina di rami, vengono rinvenute delle armi, probabilmente lasciate dal gruppo dei partigiani, anch’essi diretti a Bologna, che vi hanno sostato la sera precedente.
I tedeschi circondano la casa e iniziano a perquisirla. I partigiani sono nascosti nel fienile e quando i tedeschi aprono la botola per guardare all’interno aprono il fuoco. A quel punto inizia lo scontro a fuoco. I partigiani cercano di uscire dal fienile e disperdersi.
Cinque partigiani muoiono nello scontro a fuoco, poi i tedeschi catturano un partigiano e sette civili che vengono uccisi.
I partigiani sfuggiti dal podere Mazzacavallo raggiungono il fondo Vanti di Fiesso (Castenaso), ma quando si avvicinano alla casa scoprono che è occupata dai tedeschi. Nello scontro a fuoco muoiono due partigiani, mentre altri partigiani e alcuni civili si rifugiano nei campi. Qui vengono trovati da una squadra di militi della brigata nera che li allinea davanti alle finge di paglia per fucilarli. In quel momento giunge un civile che accompagna il maresciallo tedesco Müller (responsabile del polverificio Baschieri-Pellagri di Marano) che dapprima riesce a sospendere la fucilazione e in seguito a evitarla.
Altri scontri avvengono nel pomeriggio del 21 ottobre nella possione Corazzina di Castenaso, dove alcuni partigiani, dopo gli scontri di Vigorso e di Fiesso, hanno cercato scampo. Un partigiano muore nello scontro, mentre un altro viene fucilato.
Tutti le persone catturate sono quindi condotte a Medicina per essere interrogate. Il mattino del 22 ottobre otto partigiani vengono fucilati, mentre 350 persone (un documento riporta invece la cifra di 193) vengono condotte al campo di Fossoli di Carpi. La maggior parte dei prigionieri viene poi trasferita a Peschiera del Garda per essere impiegata come manodopera coatta.
La battaglia dell’Argenta Gap
Nel piano di sfondamento finale del fronte di guerra, il ruolo dell’Ottava armata nell’operazione “Buckland” è articolato, infatti l’avanzata si svolge su tre direttrici: lungo la via Emilia in direzione di Bologna per dar man forte all’attacco americano sulla stessa città proveniente da sud; seguire la direzione di Massalombarda-Budrio per aggirare Bologna da nord e procedere lungo la statale 16 – la conquista di Ravenna del dicembre 1944 avviene proprio in questo contesto – anche se in quest’ultimo caso si deve superare la cittadina di Argenta, che diverrà nota come Argenta gap, in quanto in questo settore i tedeschi hanno allagato i campi circostanti creando serie difficoltà alle operazioni alleate.
Gli altri comandi alleati caldeggiano che lo sforzo principale dell’Ottava armata sia rivolto lungo la direttrice Massalombarda-Budrio, invece il comandante britannico McCreery predilige la statale 16 col fine di tagliare la strada alla ritirata tedesca prima che raggiunga il fiume Adige.
Alla fine McCreery, pur avanzando lungo le altre due direttrici, sceglie di concentrare lo sforzo principale sulla statale 16 e per forzare l’Argenta gap organizza una serie di operazioni speciali nel settore est, nella zona delle valli di Comacchio, da realizzarsi da parte dei reparti della 2a brigata “Commando” britannica, coadiuvata dai partigiani della 28a brigata “Gordini”. Le operazioni anfibie si svolgono dal 1° al 4 aprile 1945: “Roast” (occupare lo Spit), dal 4 al 5 aprile: “Fry” (occupare alcune isole delle valli) e dal 6 all’8 aprile: “Lever” (impossessarsi della zona detta “Wedge”).
Successivamente con l’inizio dell’offensiva finale altre operazioni interesseranno la stessa zona: 11 aprile: operazione “Impact Plain” (occupare Menate e Longastrino), 13 aprile: “Impact Royal” (occupare Bando e dirigersi su Argenta); invece l’operazione “Impact Slam” (procedere su Portomaggiore) viene annullata.
L’offensiva finale prende avvio il 9 aprile 1945 con l’azione dei bombardieri alleati che a più riprese effettuano pesanti bombardamenti a tappeto a est della linea che corre tra Lugo e Castelbolognese, provocando centinaia di morti civili. Anche Argenta viene bombardata il 12 aprile, l’azione causa più di cinquecento vittime tra morti e feriti, dopodiché i reparti britannici partono all’attacco; l’operazione “Impact Plain è iniziata però il giorno precedente.
L’azione di conquista di Argenta si sviluppa su tre colonne: da est (operazioni “Impact Plain” e “Impact Royal” della 78a divisione britannica), da sud, dovendo superare il fiume Reno a San Biagio, lungo la direttrice Cotignola-Lugo (altri reparti della 78a divisione britannica) e da ovest, avanzando lungo la zona allagata (valle di Campotto) a ridosso della statale (2a brigata Commando).
Il 17 aprile unità britanniche della 78a divisione riescono a chiudere il cerchio ad Argenta a nord, isolando di fatto la cittadina, che viene definitivamente conquistata due giorni più tardi. I britannici hanno combattuto contro unità tedesche della 42a divisione e della 29a corazzata, che si sono ritirate.
Un’ultima difesa viene organizzata dai tedeschi a Sant’Antonio, poco a nord di Argenta. Comunque la conquista della cittadina apre la strada all’Ottava armata sia verso Ferrara e il fiume Po, ma anche verso Finale Emilia dove le unità britanniche si incontreranno con quelle americane.
Ad Argenta è presente il cimitero di guerra della Commonwealth War Graves Commission dove sono sepolti 625 caduti dell’Ottava armata.
La liberazione di San Pietro in Casale
Comune prevalentemente agricolo, San Pietro in Casale ha dato un grande contributo alla Resistenza, dallo sciopero delle mondine al recupero dei capi di bestiame razziati dai tedeschi.
Nell’aprile 1945, i partigiani della 2a brigata Garibaldi “Paolo”, in vista della liberazione della pianura bolognese, dal giorno 18 si concentrano al Casone (frazione di Rubizzano), loro base operativa; hanno l’ordine di raggiungere Bologna o, in caso non sia possibile, liberare la loro zona. Contemporaneamente all’avanzata alleata, il 20 aprile 1945, prende avvio l’operazione aviotrasportata “Herring”: paracadutisti del ricostituito esercito italiano vengono lanciati in territorio occupato e una squadra atterra nella zona di Maccaretolo; alcuni paracadutisti rimangono uccisi. Il 21 aprile neozelandesi e partigiani si incontrano al Ponte della Morte, nella zona di Altedo e si accordano per evitare la distruzione di San Pietro in Casale: i partigiani libereranno la cittadina con l’appoggio dei corazzati alleati. Ma il 22 aprile, all’ora convenuta, i carri armati non si presentano e i partigiani decidono di agire ugualmente. Divisi su tre colonne i partigiani attaccano San Pietro in Casale. La colonna sud, partita da Rubizzano, viene blocca dalla resistenza tedesca e deve retrocedere. Anche la colonna centrale, giunta nei pressi della ferrovia, dove sono appostati i tedeschi, viene bloccata e anche in questo caso i partigiani devono ripiegare. La colonna nord, in marcia verso Gavaseto, viene bloccata dalla resistenza tedesca nei pressi della fattoria Pizzirani. Il primo tentativo di conquista viene respinto e nello scontro muoiono alcuni partigiani. Un partigiano risolve la situazione incendiando il fienile dove sono asserragliati i tedeschi, che devono ritirarsi. San Pietro in Casale è quasi libera. All’imbrunire, neozelandesi e partigiani si incontrano nuovamente davanti all’ingresso del paese e i resistenti invitano i soldati a entrare, ma un ufficiale carrista neozelandese nota sul campanile una postazione di mitragliatore e chiede ai partigiani di eliminarla. Due abili partigiani salgono sul campanile, catturano i due tedeschi e gettano giù il mitragliatore: è il segnale che San Pietro in Casale è libera. I neozelandesi vi entrano in forze il mattino presto del 23 aprile. Ventidue sono i partigiani caduti durante la liberazione della cittadina. Mentre la vicina San Venanzio di Galliera, dopo alcuni scontri con i tedeschi, viene liberata dai partigiani del locale distaccamento con l’aiuto dei paracadutisti italiani.
La Zona libera del Belvedere. Partigiani e alleati sulla Linea Gotica
A partire dal 24 settembre 1944, durante l’arretramento del fronte, nella zona del Belvedere prende avvio spontaneamente l’esperienza della zona libera. La brigata bolognese “Matteotti montagna” libera – senza un piano preordinato – i comuni di Granaglione, di Castel di Casio, di Sambuca pistoiese e di Castelluccio di Porretta. Nel frattempo più di un migliaio dei partigiani modenesi al comando di “Armando” (Mario Ricci) il 29 settembre giunge a Castelluccio di Porretta e il 5 ottobre libera Lizzano in Belvedere.
Accade anche che il 27 settembre, le truppe tedesche dell’esercito in ritirata, dopo essere transitate dal lago Scaffaiolo, giunte nella valle del Dardagna, vengono fatte segno di alcune raffiche di mitragliatore (nessun tedesco muore o viene ferito): è l’inizio della strage di Ca’ Berna, durante la quale vengono uccise 30 persone. I tedeschi, scendono poi a Vidiciatico, dove catturano una settantina di civili, poi, avute le rassicurazioni – tramite l’opera del parroco che fa da mediatore con i partigiani – che non verranno attaccati, il mattino successivo riprendono il cammino verso Ronchidoso, portando con loro solo alcuni ostaggi; giunti però a Ronchidoso incappano in altri partigiani. Nello scontro a fuoco, non voluto, un soldato tedesco rimane ferito e scatta la repressione, tanto che nei due giorni 28 e 29 settembre, sono settanta le persone uccise.
Intanto l’avanzata degli americani, dopo Pistoia, sempre a fine settembre, si ferma al Passo della Collina, dove avvengono i primi contatti tra partigiani e alleati, e grazie all’opera di un agente dell’Oss (servizio segreto americano), alla metà di ottobre prende avvio l’esperienza della divisione “Modena Armando” di cui fanno parte anche la brigata “Matteotti montagna” e la “Giustizia e Libertà” (che il 20 ottobre libera Gaggio Montano). I partigiani vengono così aggregati all’esercito americano e riforniti di armi, uniformi e viveri.
Il “battesimo del fuoco” della divisione “Modena Armando” avviene il 29 ottobre quando ai partigiani viene ordinato di attaccare il monte Belvedere. Salendo lungo i pendii i partigiani riescono ad arrivare sul crinale, ma il previsto arrivo dei rinforzi americani non avviene e così devono retrocedere; nonostante ciò hanno dimostrato di aver saputo eseguire il compito assegnato. Per altre due volte (in novembre e in dicembre) la divisione deve attaccare il crinale del monte Belvedere come azione di supporto alle operazioni brasiliane contro monte Castello; il 12 dicembre 1944, in località Corona, muore Antonio Giuriolo, comandante della “Matteotti montagna”.
In seguito i partigiani collaborano con gli americani durante le azioni di pattuglie, inoltre la brigata “Matteotti montagna” (le altre formazioni vengono inviate a riposo) partecipa alla prima fase dell’operazione americana denominata “Encore”, quando i mountaineer americani della 10a divisione, il 20 febbraio 1945, conquistano il monte Belvedere. Durante il mese di marzo, assieme ai brasiliani, i partigiani presidiano il crinale dei monti della Riva, mentre in aprile, in supporto ai brasiliani che attaccano Montese, la divisione conquista il crinale Cima Tauffi – monte Lancio di Fanano (19 aprile), poi il giorno seguente entra a Fanano e a Sestola, proseguendo verso Pavullo. Infine i partigiani di “Armando” vengono fermati a Sassuolo.