La Strage nazista di Madonna dell’Albero
Dopo che gli Alleati ebbero superato il fiume Savio il 1° novembre 1944 i tedeschi iniziarono a sviluppare un’ampia striscia di difese naturali a sud e a ovest di Ravenna per mantenere il controllo di quei territori più a lungo possibile.
Rotti gli argini interni dei Fiumi Uniti furono così allagati tutti gli spazi tra i due fiumi in prossimità della confluenza, così da creare un ampio scudo difensivo a protezione della città.
Il grosso delle truppe tedesche aveva già iniziato il ripiegamento sulle rive del Lamone, mentre sui Fiumi Uniti era rimasta solo una modesta retroguardia del 721° Reggimento della 114° Jӓger Division.
Il 27 novembre intorno alle ore 11 nella borgata di Madonna dell’Albero, 6 km a sud di Ravenna, presso Classe, ci fu uno scontro fra alcuni tedeschi e un gruppo in avanscoperta di canadesi e partigiani avanzati per bonificare quella che oramai era una terra di nessuno.
Nella sparatoria vi fu solo una vittima fra i tedeschi, mentre gli esploratori si ritirarono indenni. Poco dopo però, verso le ore 12, alcuni soldati tedeschi riapparvero minacciosi fra le case degli abitanti cercando i partigiani e intimando ai civili rimasti nelle poche case di Via Nuova di concentrarsi all’interno di un capanno di canne, ove furono sterminati da una raffica di mitragliatrice esterna che ne falciò subito 16. Lungo la stessa strada furono poi massacrate altre 40 persone, in gruppi di 10, 19, poi altri 10 e uno da solo, aggregati per nuclei famigliari o conviventi casa per casa, senza che si diffondesse la notizia nei dintorni. I corpi delle vittime furono sepolti rapidamente dai tedeschi sotto poca terra e tanto letame, in modo che il silenzio più totale calasse presto su quella borgata di duecento abitanti. Ci fu un solo superstite, miracolosamente salvatosi nel capanno di canne dei Corbari, all’interno di una botte interrata e subito ricoperta dai corpi delle vittime. Egli rimase nascosto fino a sera per attendere che nessun tedesco fosse più in zona, poi cercò riparo nottetempo in direzione delle zone sud occupate dagli Alleati. Ci vollero alcuni giorni per avere notizia a Ravenna della strage e della sua reale entità, poiché i macabri rinvenimenti dei corpi falcidiati e le sommarie sepolture di gruppo vennero scoperte gradualmente. In tutto si trattò di 56 vittime, di cui 16 bambini, 8 anziani, 17 donne e 15 uomini. Tutto il massacro di inermi fu consumato in tempi molto brevi e, a differenza di altre rappresaglie tedesche, che avevano anche uno scopo deterrente verso la popolazione con l’esibizione pubblica delle vittime, qui l’azione rispondeva invece a necessità funzionali e strategiche dell’esercito tedesco di sgombrare il campo da ogni possibile presenza di civili. Una volta soppressa tutta la popolazione locale, qualsiasi nuova presenza sul posto sarebbe stata subito scoperta e neutralizzata, rendendo più sicuro il territorio e l’ultimo presidio tedesco.
Nel descrivere l’evento sul loro rapporto i tedeschi della 114º Jӓger Division spiegarono così l’accaduto: “L’avanguardia dell’attacco nemico è stata respinta, così come i banditi che si sono trovati a loro volta respinti. Durante l’inseguimento e il rastrellamento seguiti all’attacco alla ricerca dei covi dei banditi 56 partigiani che facevano resistenza sono stati fucilati”.
A cura di
Giuseppe Masetti
Istituto storico di Ravenna