Verucchio. Strage di civili
Verucchio, posto su un colle che domina la media valle del Marecchia, come altri centri abitati del riminese in posizione strategica è presidiato da soldati tedeschi; appena fuori dai confini nord-ovest della Repubblica di San Marino, vede aumentare il numero di soldati perché diventato l’ennesimo caposaldo della resistenza germanica dopo la ritirata dal territorio dello Stato del Titano. Qui sono posizionate batterie di artiglieria che colpiscono alcuni castelli sammarinesi, come succede il 20 settembre con un bombardamento su Montegiardino che provoca l’uccisione di Pietro e Giuseppe Casadei e il ferimento di Sanzio Valentini. L’incalzare dell’avanzata delle truppe alleate costringe, nella notte tra il 20 ed il 21 settembre, le formazioni della Wehrmacht alla ritirata anche da questo centro, tra loro c’è il 993° reggimento granatieri. All’alba due soldati in retroguardia vengono aggrediti da persone rimaste ignote e fatti oggetto di fucilate in Via dei Fossi, a ridosso del fossato di un antica fortificazione medievale. Uno dei due, Heinrich Harre, viene ucciso mentre il camerata riesce a fuggire e ad avvertire i commilitoni che tornano indietro per consumare la rappresaglia contro i civili, prevista dalle feroci regole che i nazisti applicano in Italia con numerosi stragi. Durante la mattinata vengono rastrellate 10 persone, cittadini verucchiesi e sfollati prelevati nei rifugi. Tre di loro, Lazzaro Berardi Luigi Brighi e Gregorio Zavatta, sono uccisi lungo la strada che conduce alla zona dell’ospedale dove è prevista la fucilazione. I restanti sette inermi e incolpevoli civili sono costretti a seppellire il soldato tedesco e i tre italiani già colpiti, quindi si procede alla fucilazione che avviene attorno alle ore 14,30 del 21 settembre, meno di mezza giornata dopo la liberazione della città di Rimini che dista appena una quindicina di chilometri.
Mentre il grosso delle truppe tedesche è già lontano dal borgo, i camerati di Herre si affrettano alla loro macabra vendetta, evitata dal solo sedicenne Umberto Bonfè perché poche ore prima aveva dato un impermeabile a un soldato che ora è schierato nel plotone di esecuzione. Per questo motivo l’eccidio viene consumato su 9 civili anziché su tutti i 10 rastrellati. I sei, uccisi e lasciati insepolti, sono Antonio Achilli, Giuseppe Bracchini, Pietro Celli, Luigi Filippi, Primo Foschi, Paolo Moretti. Appena consumata la strage, alle 16,30, anche Verucchio vede giungere le prime pattuglie di soldati alleati che trovano il paese completamente abbandonato dal nemico. L’efferata strage è indagata inizialmente nel 1945, con la raccolta di testimonianze di cittadini del paese, ma l’inchiesta viene archiviata nel famoso “armadio della vergogna”; nel 1996 è riaperta dal Tribunale militare di La Spezia, con imputati due marescialli tedeschi individuati però solo con generici nomi, Willy e Ricardo, per questo motivo tre anni dopo anche questa nuova inchiesta viene archiviata per l’impossibilità di identificare i responsabili. Il luogo della fucilazione è oggi un parco dedicato alla memoria dei “Nove Martiri”, con un cippo che ricorda il loro eccidio. Anche la Via dei Fossi, oggi denominata “Sentiero dei fossati”, dove venne ucciso Heinrich Harre, è entrato nel percorso dei locali “luoghi della memoria”.
A cura di
Maurizio Casadei
Istituto per la Storia della Resistenza e dell’Età contemporanea della provincia di Rimini