Liberazione partigiana della zona Appenninica e Pedemontana della Provincia di Modena
Il 9 aprile 1945 inizia in Romagna l’offensiva finale alleata. Pochi giorni dopo, il 14, comincia l’attacco anche al settore centrale della Linea Gotica. Il paese di Montese è attaccato e conquistato dai soldati della Força Expedicionária Brasileira (FEB), che devono tuttavia fermarsi davanti alle difese tedesche sulle montagne più alte, prima di poter avanzare verso Zocca e successivamente verso Sassuolo e la pianura reggiana.
Il 19 aprile i partigiani della Divisione Modena Armando, dislocati al fronte insieme alle truppe alleate, conquistano le posizioni tedesche sul monte Cimone, presso Cima Tauffi e sul monte Lancio. La Brigata Folloni, reparto della Divisione, libera Fanano. Il 21 aprile la Brigata Costrignano, sempre parte della Divisione, entra a Sestola e Montecreto. Pavullo viene liberata la mattina del 22 aprile dalle brigate Italia e Dragone. L’obiettivo della Divisione Modena Armando sarebbe stato quello di liberare Modena, ma non fa in tempo: la città viene già liberata dai partigiani il giorno 22, perciò la Divisione si ferma a Maranello.
Tra il 18 e il 19 aprile anche le formazioni della Divisione Modena I (Modena Montagna) si attivano. Il distaccamento Scoltenna ferma i tedeschi, intenzionati a far esplodere la diga di Riolunato. Nella notte del 20 aprile un battaglione della Brigata Italia, con elementi del Distaccamento Scoltenna e della Brigata Dragone, si reca a Pievepelago ad accogliere la resa di un reparto tedesco di guastatori.
Tra il 20 e il 21 aprile la Divisione Modena I riceve l’ordine di avanzare subito verso Modena, passando dalla sponda reggiana del fiume Secchia per evitare le difese tedesche tra Prignano e Serramazzoni. Il Comando della Divisione tuttavia elabora un piano diverso, che prevede l’attacco alle postazioni difensive tedesche prima tra Prignano e Lama Mocogno, e poi tra Sassuolo e Maranello. La discesa però è molto lenta, probabilmente perché il Comando della Divisione preferisce non rischiare, dato l’insuccesso e il mancato supporto alleato durante il tentato attacco ai presidi tedeschi del 10 aprile.
Seppure con tempi lunghi, procede comunque la liberazione delle località prima montane e poi collinari. Tra il 22 e il 23 alcuni gruppi delle brigate Scarabelli e Tassoni occupano Moncerrato, San Pellegrinetto e Faeto; la mattina del 23 entrano a Serramazzoni. Reparti delle brigate Dolo e Allegretti, del Raggruppamento di Brigate Aristide, del Battaglione Zambelli e della Polizia Partigiana iniziano a scendere su Sassuolo. Vi fanno ingresso nella tarda mattinata del 23 aprile dopo alcuni combattimenti, insieme a partigiani reggiani e al Battaglione Zetti della Brigata Costrignano.
Nel frattempo le brigate Speranza e Stop, situate a nord delle posizioni tedesche, ingaggiano scontri contro reparti di retroguardia tedesca, catturando 250 prigionieri.
Il giorno 23 queste due brigate, seguendo gli ordini, si dirigono verso Modena, insieme a gruppi sparsi di altre formazioni. La città era già libera: avrebbero dovuto ricoprire compiti di polizia. Il 24, tuttavia, ricevono l’ordine di fermarsi.
Né la Divisione Modena Armando né la Divisione Modena I (Modena Montagna) possono quindi partecipare alla liberazione del capoluogo della provincia, come avrebbero desiderato. Le cause sono da imputare a tre fattori essenzialmente: la prudenza dei Comandi di queste formazioni partigiane dopo i recenti avvenimenti, la scarsa resistenza dell’esercito tedesco e, di conseguenza, la rapidità dell’avanzata alleata.
A cura di
Mattia Golinelli
Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea in provincia di Modena