Le Sap proteggono le infrastrutture cittadine

Secondo il resoconto di Piero Bettini “Vladimiro”, ultimo comandante delle Squadre d’Azione Patriottica piacentine, “la S.A.P. ha fornito informazioni a chi di dovere sulle forze del nemico, armamento ed in particolare: notizie militari, notizie di polizia, notizie politiche e notizie sul morale delle truppe e autorità nazifasciste e loro misfatti. I sapisti hanno inoltre compiuto opere di sabotaggio contro le vie di comunicazione stradali, ferroviarie, fluviali e telefoniche, impedendone successivamente e più volte la riattivazione ed hanno lottato per evitare il rastrellamento di uomini da adibire forzatamente a lavori nell’interesse dei nazifascisti, e la requisizione da parte degli stessi nazifascisti di biciclette e bestiame”. Le Sap sono costituite per lo più da militanti comunisti – operai, impiegati – che operano nella clandestinità in città, continuando, finché la pressione repressiva e il proliferare delle spie lo rendono possibile, a svolgere il proprio lavoro nelle fabbriche e negli uffici. Nei primi tempi della lotta, sono i protagonisti del controllo dei comuni rivieraschi e del fiume, della costruzione della rete informativa che consente alle squadre volanti delle Divisioni in montagna di effettuare colpi di mano per il prelievo di armi e munizioni nei depositi cittadini, la guerriglia contro i convogli per i rifornimenti e la cattura dei nemici, i rapimenti per gli scambi con i compagni partigiani. Nella fase finale, oltre a proseguire l’impegno informativo, il loro ruolo è fondamentale per il boicottaggio dei preparativi di fuga e depredazione dei nazifascisti e la difesa delle infrastrutture cittadine.

A Piacenza, le Sap si costituiscono in un comando provinciale nel giugno 1944 e si strutturano in sette squadre operanti nelle zone rivierasche del Po sotto la guida di Dario Bianchera “Gim”. Dopo il rastrellamento del 26 settembre 1944 alla Baracca di Caorso, base operativa dell’importante nucleo Sap del colonnello Pietro Minetti, i sappisti riparano in montagna e vengono inquadrati nella 38ª e nella 62ª Brigata della Divisione “Val d’Arda. Nell’imminenza della Liberazione, le Sap vengono ricostituite al comando di Bettini e si organizzano in tre squadre, la “Alfredo Borotti”, la “Luciano Bertè”, che portano il nome di due dei tanti sappisti trucidati dai nazifascisti, e la “Oltrepò”. Negli ultimi giorni di aprile, mentre procede l’accerchiamento della città da parte delle tre Divisioni partigiane discese verso la pianura, le Sap proseguono la loro azione, riuscendo a distruggere e a danneggiare sei ponti, a interrompere più volte le linee telefoniche (in particolare la Piacenza-Bologna) e ad affondare numerosi barconi adibiti a traghetti. Ma il ruolo delle Sap risulta fondamentale anche nella difesa e nel mantenimento del patrimonio industriale della città: in quegli ultimi giorni, infatti, le squadre riescono a disattivare le mine poste dai tedeschi nell’Arsenale, nella società elettrica piacentina, nella centrale elettrica dell’Adamello, nell’officina del gas e nei piloni dell’alta tensione situati sulle sponde del Po. Il comandante Bettini sottolinea anche come “contemporaneamente altre squadre di sapisti della Guardia di finanza in collaborazione con le squadre di settore hanno preso possesso presidiandoli della Prefettura, della Centrale telefonica, Magazzini viveri e tessuti, depositi sale e tabacchi, evitando così la distruzione e atti di sabotaggio nei riguardi delle merci e dei locali da parte del nemico in ritirata e della popolazione civile”. In quegli ultimi combattimenti perdono la vita Carlo Alberici e Renato Gatti, entrambi della 38ª Brigata Sap, che nel pomeriggio del 26 aprile, in esplorazione lungo la Farnesiana per individuare i movimenti nemici, si imbattono in un gruppo di tedeschi in piazzale Veleia: vengono immediatamente fucilati.


A cura di

Carla Antonini, Elisabetta Paraboschi

Isrec- Istituto di storia contemporanea di Piacenza

 

Data dell'evento

Da Martedì, 24 Aprile 1945 a Venerdì, 27 Aprile 1945

Luogo dell'Evento


I lavori di costruzione della centrale termoelettrica di proprietà della Società Generale Elettrica dell’Adamello iniziarono nel 1925 e terminarono nel 1928. L'impianto, progettato dal milanese Piero Portaluppi, fu inaugurato nel 1929.

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