La lotta di Resistenza nel Basso ferrarese e la violenta rappresaglia fascista

L’azione partigiana nella frazione di Berra del 29 novembre del 1944 è uno degli episodi che scatena una violenta rappresaglia fascista nel Basso ferrarese. Il «Corriere Padano» di domenica 10 dicembre del 1944 racconta faziosamente i particolari dell’episodio, che l’organo di stampa fascista definisce un “vile attentato”. Verso e 18:30 del 29 novembre, un ordigno collocato sulla finestra al lato destro della porta d’ingresso del distaccamento della Guardia Nazionale Repubblicana di Berra esplode, mentre ufficiali e militi fascisti sono raccolti nella sala del rancio per il pasto serale. Nel momento dello scoppio, rimangono uccisi il comandante del distaccamento tenente Stelio Buzzoni, il vicebrigadiere Natale Righetti e il milite Antonio Grassi. Sono, inoltre, feriti in maniera grave altri quattro fascisti, di cui un ufficiale, mentre altri riportano leggermente lesi. Il giorno dopo, 30 novembre, a causa delle ferite, muore all’ospedale di Copparo il brigadiere Alberto Luciani. “L’autorità ha operato il fermo di diverse persone sospette e si sta ora procedendo attivamente alle relative indagini”, così conclude il giornale.

Nella vicina Ariano ferrarese, già nel tardo pomeriggio del precedente sabato 11 novembre, sono uccisi i fratelli squadristi Ireo e Raoul Paviani: abitanti nella tenuta Rambaldina, iscritti al Partito Fascista Repubblicano e appartenenti alla 24ª Brigata Nera, sono tratti fuori di casa da una ventina di partigiani, alcuni vestiti da guardie repubblicane, altri da coloni, che hanno l’intento di disarmarli. Si scatena ben presto uno scontro a fuoco in cui hanno la peggio i fratelli Paviani.

Questi due episodi ravvicinati scatenano la violenta rappresaglia fascista nel Basso ferrarese, a opera delle Brigate Nere sotto il comando di Ugo Jannuzzi e Carlo De Sanctis. Nelle notti del 29 e 30 novembre sono arrestate cinquanta persone: i prigionieri, oltre trecento nel mese di dicembre e un altro centinaio in gennaio, sono trascinati nelle carceri di Copparo e nelle “fasanare” di Codigoro.

Lo stesso 29 novembre del 1944, a causa delle pesanti torture subite, muore Renato Scalambra in una vasca nella casa del fascio di Codigoro: è ritenuto il capo dei partigiani di Jolanda di Savoia, e durante le sevizie non rivela nulla. Il 3 dicembre del 1944 un plotone di esecuzione fascista massacra altri quattro partigiani in una retata collegata ai fatti della caserma di Berra. Trovati in possesso di armi Jaures Finotti, Noradino Galli, Emilio Frenide Mingozzi, tutti berresi, e Severino Tagliatti di Formignana sono caricati su un camion. I quattro partigiani sono poi condotti al cimitero di Berra e giustiziati presso il muretto di cinta: è vano il tentativo di fuga di Tagliatti e Finotti.

La furia vendicativa fascista non si ferma qui. Il 30 dicembre del 1944 Ottorino Bonaccorsi, Gino Castellani, Cimbro Contrastini, Romeo Grandi e Angelo Previati, catturati durante i rastrellamenti, sono giustiziati da un plotone fascista presso il muretto del cimitero di Codigoro. La repressione culmina il 14 febbraio del 1945: i partigiani Mario Bonamico (“Compagno S”) di Serravalle, Olao Pivari (“Gatto”) di Formignana e Laerte Bonaccorsi (“Fulmine”) del gruppo partigiano di Jolanda di Savoia, dopo crudeli interrogatori e torture, confessano di aver sparato nello scontro con i fratelli Paviani: sono fucilati ad Ariano ferrarese nello stesso giorno dell’assassinio di Ludovico Ticchioni e Gino Villa a Codigoro.

L’attacco alla caserma della Guardia Nazionale Repubblicana di Berra, Atlante delle stragi nazifasciste


A cura di

Nicolò Govoni
Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara

Data dell'evento

Mercoledì, 29 Novembre 1944

Luogo dell'Evento


L’episodio avviene nella frazione di Berra; le rappresaglie fasciste, invece, investono tutto il territorio circostante nel Basso ferrarese, tra Codigoro e Ariano.

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