La Battaglia di Purocielo

Nell’autunno 1944, mentre sulla pianura ravennate operava la 28° Brigata GAP Garibaldi “Mario Gordini” sulle colline del faentino si concentrava la 36° Brigata “Alessandro Bianconcini” composta da quattro robusti battaglioni attivi nelle alte vallate del Senio e del Lamone. I due percorsi, solcati da importanti vie di valico con la Toscana, erano stati oggetto di numerose azioni partigiane nel corso dell’estate, quando vi transitavano i convogli tedeschi destinati a rifornire la Linea Gotica.

Ma in settembre, con la prospettiva di un’avanzata alleata verso la pianura, l’eccitazione per un’imminente liberazione aveva spinto il CUMER bolognese a sollecitare le formazioni partigiane di montagna affinchè scendessero a valle per precedere l’arrivo alleato nelle città.

Per tale motivo alla 36° Brigata – che si era spinta fino a 7 km dalla via Emilia – fu richiesto di indirizzare il I Battaglione verso Bologna, il II su Faenza e il III su Imola, lasciando in postazione il IV nella mediana Valle del Sintria. Era questo lo spazio intermedio tra i due fiumi principali, marginale e scarsamente popolato, che poteva nascondere per qualche tempo circa settecento partigiani presso le rare case coloniche di quella povera montagna per lo più brulla.

Ai primi di ottobre però, con l’arretramento delle linee tedesche e l’incertezza degli Alleati che non sfruttarono la conquista di Monte Battaglia, il contingente partigiano si trovò a far fronte con mezzi inadeguati ad una decisa controffensiva tedesca, proprio in quella valle del Sintria, divenuta ora meno favorevole. Non si riusciva più a procurarsi armi e munizioni con improvvisi agguati, il tempo inclemente con piogge continue e freddo incalzante sorprendeva i partigiani privi di un adeguato abbigliamento, le famiglie contadine non avevano molto cibo da offrire.

Se precedentemente il fronte nemico era affidato alla logora 715° Divisione, ora l’arrivo in linea della fresca 305° Divisione consentiva ai tedeschi di portare attacchi in profondità tra le vallate che ospitavano i partigiani. La diversa avanzata degli inglesi fino a Monte Cece da una parte e dell’8° Divisione indiana fino a Marradi, creava un pericoloso cuneo al centro, dove si vennero a trovare indifesi i battaglioni partigiani.

Fu allora che il comandante Luigi Tinti (Bob)prese la decisione di far arretrare i propri uomini verso le alture toscane, con l’intento di aprirsi un varco alle spalle e raggiungere gli Alleati in Toscana, a poche ore di marcia. Il piano, condiviso da tutte le 11 compagnie, prevedeva di raggiungere Fornazzano e di consegnare agli Alleati un valico libero, presentandosi quindi come utili partner.

La manovra ebbe inizio la mattina del 10 ottobre con un lungo scontro a fuoco contro i tedeschi, seguita da una breve pausa pomeridiana che consentì una miglior distribuzione delle compagnie presso Cà di Malanca, Cà di Gostino, Santa Maria in Purocielo, Cà di Piano di Sopra e Monte Colombo. Furono questi luoghi, segnati da epici scontri e da numerosi caduti – ben 57 nei giorni dal 10 al 12 ottobre – a pagare il prezzo della netta superiorità nemica, che il 13 infierì anche su tutti i feriti e sul personale medico lasciato nell’infermeria creata alla Chiesa di Cavina. Solo la mattina del 16 ottobre, dopo rischiose marce, i rimanenti 600 uomini della Brigata raggiunsero le linee alleate e furono inviati a Firenze, senza alcuna riconoscenza.


A cura di

Istituto storico di Ravenna, Giuseppe Masetti

Data dell'evento

Da Martedì, 10 Ottobre 1944 a Giovedì, 12 Ottobre 1944

Luogo dell'Evento


Cà di Gostino, Santa Maria in Purocielo, Cà di Piano di Sopra e Monte Colombo.

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