La Banda Corbari

Il 18 agosto del 1944 i cadaveri dei partigiani Silvio Corbari, Adriano Casadei, Arturo Spazzoli e Iris Versari vengono appesi a un lampione di piazza Saffi a Forlì. Questa macabra esposizione è fortemente voluta dalle autorità fasciste per sfatare la leggendaria inafferrabilità della banda Corbari. Tuttavia, la leggenda assume una nuova forma poiché il volto di uno dei cadaveri, quello di Iris Versari, è rivolto in alto «in atto di sfida contro chi guarda», scrive Mambelli nei suoi diari.

Iris Versari, domestica e figlia di mezzadri, entra nella Resistenza subito dopo l’8 settembre, unendosi a un gruppo di partigiani attivo nell’area appenninica nei pressi di Tredozio, dove risiede la sua famiglia. Questo gruppo, ritenuto inefficiente dal CLN faentino, viene riorganizzato con l’arrivo di Silvio Corbari, già noto per le sue audaci azioni contro i fascisti, tra cui vari assalti alle caserme repubblichine, compiuto con un camion e delle divise trafugate a dei militi.

Nel dicembre del 1943, Corbari giunge a Tredozio e prende il controllo della banda eliminandone il capo; qui conosce Iris Versari e tra i due inizia una relazione sentimentale. La banda compie la sua prima azione il 9 gennaio, assaltando la caserma dei carabinieri di Tredozio e occupando il paese per undici giorni. Durante questo periodo, vengono redistribuiti i soldi del banco locale tra i poveri.

Il 20 gennaio i fascisti sorprendono e catturano 20 partigiani, altri 3 vengono uccisi durante il combattimento. Il 5 aprile, nel forte San Leonardo di Verona, per rappresaglia, vengono fucilati 7 dei 20 catturati. Anche i genitori della Versari cadono vittima della repressione; solo la madre fa ritorno dai campi di prigionia tedeschi.

Dopo lo sbandamento, la banda si ricostituisce lentamente, non superando mai i 50 effettivi, poiché Corbari, più che creare una robusta formazione militare, predilige le azioni individuali ed eclatanti.

Tra queste, la più importante è quella del 23 maggio, quando Corbari e la Versari si consegnano spontaneamente al console fascista Marabini, in risposta a un bando in cui Mussolini concede la grazia ai partigiani che si arrendono. Marabini li fa salire sulla sua auto e durante il viaggio verso Predappio la Versari gli spara un colpo di pistola alla testa.

La banda Corbari non ha una chiara connotazione politica: il suo capo, recalcitrante a ogni autorità, si rifiuta di inserire nella formazione un commissario politico e opera spesso in autonomia dal CLN. Ciò complica i rapporti con le altre formazioni partigiane della zona, mediati dall’opera moderatrice di Adriano Casadei, effettivo capo militare della banda.

Nell’estate del 1944, la relazione tra la Versari e Corbari entra in crisi, poiché il capobanda fa arrivare sui monti la moglie, sfollata da Faenza. Il 14 agosto, secondo la biografa di Iris Versari, Sandra Bellini, Iris si ferisce volutamente alla gamba sinistra per far tornare Corbari a Ca’ Cornio, dove giungono anche Spazzoli e Casadei.

La mattina del 18 agosto, un gruppo di nazifascisti, guidato da un delatore, arriva al casolare.

La Versari è impossibilitata a fuggire a causa della ferita e Corbari non vuole abbandonarla. La partigiana, a questo punto, uccide il primo nazista che si affaccia alla porta della sua stanza e poi si suicida, così da far scappare il compagno. Nella fuga, Corbari si ferisce gravemente alla testa e Casadei, pur potendo mettersi in salvo, torna indietro per assisterlo. Corbari e Casadei vengono catturati e impiccati a Castrocaro, poi i loro cadaveri e quelli di Iris Versari e Arturo Spazzoli vengono esposti nella piazza principale di Forlì, dove rimangono per un giorno intero sorvegliati da 18 agenti.


A cura di

Peter Kleckner

Istituto storico della resistenza e dell’età contemporanea di Forlì Cesena

Data dell'evento

Venerdì, 18 Agosto 1944

Luogo dell'Evento


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