I “Tre Martiri” vengono giustiziati

Nella notte fra sabato 12 e domenica 13 agosto 1944 in località Fornace Marchesini, nelle campagne a sud della città di Rimini, alcuni partigiani incendiano una trebbiatrice per impedire l’esproprio del grano, cosa che avviene sistematicamente con fascisti e truppe tedesche che si riforniscono di viveri requisendo e rapinando la popolazione civile. Parte subito la caccia ai sabotatori; in una delle retate è fermato uno sfollato, Leo Celli, che a seguito di minacce indica Alfredo Cecchetti come esecutore dell’incendio. Dall’interrogatorio di Celli emerge il luogo del rifugio di una squadra appartenente alla 29 brigata GAP “Gastone Sozzi”, l’ex caserma di via Ducale, in macerie come gran parte della città dai bombardamenti. Il 14 agosto militi fascisti e soldati della Wehrmacht circondano il nascondiglio dei partigiani, cogliendo di sorpresa Mario Cappelli di 23 anni, il 23enne Luigi Nicolò, e Adelio Pagliarani di soli 19 anni. I tre giovani gappisti vengono portati al convento delle Grazie, sul colle di Covignano dove si è installato il comando militare tedesco. Altri componenti della squadra, come Cecchetti e la staffetta Rosa Donini, si salvano dalla cattura perché fuori dal rifugio. Nel convento i tre gappisti vengono processati da un tribunale militare che, pur non potendo dimostrare la responsabilità nell’incendio della trebbiatrice, li condanna a morte per “ammassamento clandestino di armi e munizioni a fine terroristico e di reati di sabotaggio e di reati contro cose e persone” come viene scritto nel manifesto che il 16 agosto pubblica il commissario straordinario del comune, Ugo Ughi. La condanna a morte, firmata dal generale Heygendorff, non è legata a fatti di sangue contro soldati tedeschi ma come rappresaglia verso i partigiani e monito alla popolazione civile, così come chiede con forza anche Paolo Tacchi, il segretario federale del fascio repubblicano. La mattina del 16 agosto i tre giovani patrioti sono portati in piazza Giulio Cesare, nel centro della città di Rimini. Soldati turkmeni della 162 divisione germanica issano una forca accanto alla cappellina di Sant’Antonio da Padova e procedono all’impiccagione. Li guidano alcuni ufficiali nazisti e un dirigente della Guardia Nazionale Repubblicana. All’impiccagione sono presenti pochi civili, tra loro si confondono due compagni dei tre gappisti, Augusto Cavalli e Libero Angeli che in seguito descriverà la scena. I corpi dei tre giovani gappisti sono lasciati esposti al sole della giornata di metà agosto e fino al pomeriggio successivo quando, contravvenendo all’ordine del comando tedesco di lasciarli esposti per tre giorni, il commissario straordinario Ughi li fa portare al cimitero dove verranno sepolti la mattina del 18 agosto. A inizio ottobre 1944, nella prima seduta dopo il suo insediamento, la giunta comunale espressa dal Comitato di Liberazione Nazionale cambia l’intitolazione della piazza dove è avvenuta l’impiccagione di Cappelli, Nicolò e Pagliarani: da Giulio Cesare diventa “Tre Martiri”. Nella stessa piazza in seguito verrà eretto il monumento che ricorderà i tre gappisti e gli altri resistenti riminesi caduti.


A cura di

Istituto per la Storia della Resistenza e dell’Età contemporanea della provincia di Rimini – autore Maurizio Casadei

Data dell'evento

Mercoledì, 16 Agosto 1944

Luogo dell'Evento


P.zza Giulio Cesare

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