La liberazione di Ferrara

Il racconto dei giorni che portano alla Liberazione della città di Ferrara il 24 aprile del 1945 è vissuto in prima persona dal partigiano Giorgio Franceschini, membro del Comitato provinciale clandestino di Liberazione Nazionale: ne lascia testimonianza sulle pagine dell’«Avvenire Padano» il 23 e 24 aprile del 1960.
Il 22 aprile del 1945 gli Alleati sono ormai alle porte di Ferrara, e il timore è quello di un nuovo, imminente bombardamento su una città già duramente colpita. Sul fronte opposto, invece, la Wehrmacht si mostra decisa a mantenere, a ogni costo, il controllo di Ferrara. Mentre sui muri e nelle strade appare il primo, vero volantino dell’insurrezione a firma del CLN provinciale, proseguono gli scontri tra partigiani e nazifascisti in città. È però vivo tra la popolazione il terrore di un ultimo bombardamento, soprattutto dopo le tragiche notizie che arrivano da Argenta e Portomaggiore, praticamente rase al suolo dalle operazioni aeree alleate.
Le sorti di Ferrara sono nelle mani di monsignor Ruggero Bovelli, “pastor et defensor”, già intervenuto a seguito dei tragici fatti della nota “lunga notte” del 1943: è l’azione risoluta dell’Arcivescovo a salvare “con ogni probabilità Ferrara da un massacro”, così scrive Franceschini. Nella lettera che fa pervenire a McCreery del Comando alleato, grazie a don Govoni, parroco di Cona, si legge che Ferrara è deserta: le truppe liberatrici desistono così da un ulteriore attacco aereo. Allo stesso tempo, monsignor Bovelli raggiunge anche il comando tedesco, stanziato nel Castello Estense, con la richiesta di cessare ogni opposizione. L’invasore ascolta le parole dell’Arcivescovo, e, ben conscio dell’avanzata alleata, lascia Ferrara, ritirandosi verso Nord: subirà gravi perdite prima di riuscire ad attraversare il Po. In città cala la notte, quando le fiamme illuminano il pieno centro storico: è il “rogo sinistro” che avvolge il Palazzo della Ragione. Il corrispondente del «Corriere Alleato» addita ai tedeschi la responsabilità dell’incendio – ipotesi mai verificata – e la distruzione del ponte sul Po di Volano, ultimo tentativo di rallentare l’avanzata alleata.
L’indomani, 23 aprile, i gruppi di partigiani, chi più e chi meno organizzato, vanno alla caccia dei militari tedeschi rimasti in città, rivolgendosi soprattutto contro i “franchi tiratori” nazisti. Un comunicato della 35ª Brigata Rizzieri parla di dodici partigiani caduti nell’arco della giornata: sono ore di incertezza. Il CLN si raduna nel Palazzo Arcivescovile insieme a monsignor Bovelli, mentre la popolazione si nasconde nei più disparati rifugi.
L’8ª armata inglese e un contingente indiano, provenienti da est, sono infatti alle porte della città, e all’alba del 24 aprile è pronto a varcare il Ponte di San Giorgio, nel giorno del Santo Patrono di Ferrara. I tedeschi, invece, sono in rotta verso il Grande Fiume. Franceschini e il CLN accolgono i generali alleati sullo scalone del Municipio, sventolando la bandiera italiana: alla città è annunciata la Liberazione, e la gente esce finalmente dai rifugi festante. Ferrara torna così a vivere. “Chi ha vissuto quelle ore le ricorderà per sempre”, scrive ancora Franceschini, “riappariva la speranza, al suono delle cornamuse scozzesi in Piazza Cattedrale e nel tripudio della Festa solennissima del Santo Patrono: la speranza di una nuova Italia”.


A cura di

Nicolò Govoni
Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara

Data dell'evento

Da Domenica, 22 Aprile 1945 a Martedì, 24 Aprile 1945

Luogo dell'Evento


L’evento si svolge all’interno delle mura cittadine, nel centro storico

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