Preparazione della liberazione partigiana della città di Modena
Da fine marzo 1945 si inizia a discutere presso il Comando di Zona di Modena in merito al piano di insurrezione e di liberazione della città. La prima versione prevede il frazionamento del centro cittadino in quattro aree, due a sud e due a nord della via Emilia, che verrebbero assegnate rispettivamente alla Divisione Modena I (Modena Montagna) e alla Divisione Modena II (Modena Pianura). Il Comando di quest’ultima, tuttavia, non è d’accordo: sostiene che le formazioni della montagna non farebbero in tempo a partecipare perché troppo lontane; propone invece di dispiegare solamente le forze della pianura. Il Comando di Zona accoglie questa proposta; dispone però anche la partecipazione di parte del Raggruppamento di Brigate “Aristide”, dislocato in montagna ma formato da combattenti della pianura.
Il Comando della Brigata “Remo”, reparto che raccoglie tutti i partigiani della II Zona (la Bassa modenese) lamenta però difficoltà ad organizzare il trasferimento delle proprie forze fino a Modena per l’insurrezione, data la distanza e la presenza di truppe tedesche lungo il percorso. Richiede pertanto di rimanere nella propria zona, per concentrarsi sulla liberazione di Mirandola e dei paesi vicini.
Il 21 aprile è pronto un altro piano, il quale prevede ancora la divisione del centro cittadino in quattro settori: il primo, a nord-est, affidato alla Brigata “Walter Tabacchi”; il secondo, a nord-ovest, affidato alla Brigata “Diavolo”; il terzo, a sud-ovest, affidato alla Brigata “Mario” e ai partigiani del Raggruppamento di Brigate “Aristide”; il quarto, infine, dislocato a sud-est e affidato alle brigate “Ivan” e “Casalgrandi”.
Questi reparti avrebbero dovuto agire di concerto con la Brigata “Mario Allegretti”, già presente in centro storico insieme al Distaccamento “Giuseppe” della Brigata “Tabacchi”, che si sarebbe preventivamente impadronita, grazie a complicità interne, di alcuni punti chiave.
La decisione dell’insurrezione viene presa autonomamente dai comandi partigiani di Modena, senza alcun ordine dal CUMER (Comando Unico Militare dell’Emilia Romagna) o dalle Missioni alleate, nel pomeriggio del 21 aprile, quando è già iniziata la ritirata tedesca verso il Po. La sollevazione è stabilita per il giorno successivo, il 22 aprile. Nelle ore seguenti si susseguono riunioni, durante le quali anche la Brigata “Casalgrandi” chiede di essere esonerata dalla liberazione di Modena e di rimanere ad operare nel proprio territorio. I comandi acconsentono.
Nel frattempo la ritirata delle truppe tedesche e fasciste dalla città e dalla provincia continua e si intensifica. Vengono lasciate indietro retrovie, alcuni presidi e reparti sparsi che per vari motivi non erano riusciti ad accodarsi alla ritirata principale.
Alle prime ore del 22 aprile il Comando della Divisione Modena II, d’accordo con il Comando Zona, invia l’ordine di occupazione della città. Da questo momento i Comandi provinciali e di Divisione avranno limitato controllo sulle operazioni, a causa della concitazione del momento, della velocità di evoluzione dei fatti e dell’estrema mobilità delle truppe tedesche.
All’occupazione non riescono ad unirsi la 15a Brigata d’Assalto “Diavolo”, la 11a Brigata d’Assalto “Ivan”, e anche alcuni reparti della Brigata “Mario” e del Distaccamento “Giuseppe”, perché vengono tagliati fuori dal passaggio di consistenti truppe tedesche a sud di Modena, in ritirata verso Campogalliano e Carpi. Non giungono in tempo nemmeno gli elementi del Raggruppamento “Aristide”.
A cura di
Mattia Golinelli
Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea in provincia di Modena