Un punto strategico per i tedeschi: Mesola

La zona in cui sorge Mesola attira i tedeschi già nel 1943: preoccupati per un eventuale sbarco alleato tra Porto Garibaldi e Volano, individuano questo luogo strategico sul Po di Goro e sulla via per Venezia. Il Delta del Grande Fiume, con il suo reticolo di canali e paludi, offre inoltre un’ottima difesa naturale contro un eventuale attacco. Non ci sono solo le valli, ma anche il Bosco (detto “Boscone”) della Mesola, un ulteriore sbarramento della natura e che diventerà, invece, il nascondiglio per i soldati inglesi.

La sede operativa dei due battaglioni nazisti di stanza a Mesola è il Castello Estense, costruito tra il 1578 e il 1583 come residenza dei signori di Ferrara per le battute di caccia nel Bosco della Mesola. È nel palazzo cinquecentesco che avvengono gli interrogatori e le torture dei partigiani e dei sospettati antifascisti imprigionati nell’ex caserma dei Carabinieri, solitamente prima di essere trasferiti nelle “fasanare” di Codigoro.

Mesola diviene tanto importante nei piani difensivi dei nazisti che qui passa parte della linea Gengis Khan, tra Bologna e Comacchio. Proprio nel territorio mesolano i tedeschi individuano lo sbarramento principale per le eventuali offensive alleate. Lungo l’antica strada Romea – tra Ravenna e Venezia – è costruito un sistema di bunker difensivi, detti furtìn in dialetto ferrarese, e realizzati con manodopera locale reclutata forzatamente dall’Organizzazione Todt. Le prime strutture sono edificate lungo la barriera naturale ubicata tra il Canal Bianco e il ramo del Po di Goro, poi quelli nelle pinete delle Motte, del Fondo e Ribaldesa, per un totale di una trentina di bunker, mai utilizzati né armati per il cambio di strategia degli Alleati, che sbarcano poi ad Anzio.

Come avviene nelle aree limitrofe, i tedeschi abbandonano Mesola con una ritirata disordinata tra il 22 e il 23 aprile del 1945. Fanno saltare i ponti sul Canal Bianco per rallentare gli Alleati ormai vicini, e si danno a una vera e propria fuga disperata attraversando il Po. Il partigiano Walter Feggi, nome di battaglia “Pietro”, dall’estate del 1944 comandante del secondo distaccamento della 35a Brigata “Bruno Rizzieri”, nonché capo del settore partigiano di Massenzatica-Monticelli, racconta quegli ultimi giorni di occupazione e la caotica rotta dei tedeschi: “Il 23 aprile un componente del mio settore mi avvertì che nei pressi di Ponte Chiaviconi, fino alla zona attraversata dalla strada Romea, si stavano ammassando molti tedeschi armati in fuga […]. A ridosso del fronte che avanzava con gli alleati che pressavano le retroguardie dell’Asse in rotta disperata, per ore e ore durante il giorno proseguì un mitragliamento continuo, esteso a tutti i territori attraversati dal basso corso del Po che frenava la ritirata tedesca. Sopra le campagne fra Ariano Ferrarese e Massenzatica, nugoli di aerei scendevano in picchiata a brevi intervalli con traiettorie incrociate per non dare tregua al nemico in fuga: cecchinavano i tedeschi lungo i fossi di scolo delle valli”.

Anche questo territorio, dove il nazifascismo ha colpito duramente negli anni dell’occupazione – su tutti si ricorda l’Eccidio della Macchinina del 28 marzo del 1944 nei pressi di Goro – è finalmente libero: il 25 aprile i partigiani della 28aBrigata Garibaldi entrano nel paese.


A cura di

Nicolò Govoni
Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara

Data dell'evento

Da Domenica, 22 Aprile 1945 a Mercoledì, 25 Aprile 1945

Luogo dell'Evento


Mesola e il suo sistema di bunker nelle zone limitrofe (Canal Bianco, Po di Goro, Motte del Fondo e Ribaldesa).

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