Una strage nazista: l’eccidio del Caffè del Doro del 1944

Un cippo infisso nel marciapiede della strada che porta in Veneto, non lontano dal letto del fiume Po, di fronte a quello che ora è un grande bar (un tempo “caffè”), ricorda un eccidio che ha luogo nella primissima periferia di Ferrara: qui incontrano la morte sette uomini, arrestati dietro l’ordine di Carlo De Sanctis, capo dell’ufficio politico della Questura dal 1944.

Arrestati tra il 7 e il 26 ottobre 1944 per ordine dello stesso De Sanctis, sette uomini sono portati nella “camera di sicurezza” del Castello estense, quindi trasferiti nelle carceri di via Piangipane, dove subiscono interrogatori e pesanti torture, infine sono caricati su un furgone che li porta nei pressi del Caffè del Doro: qui sono scaricati.

È l’alba del 17 novembre del 1944 quando i sette sono fatti scendere dal furgone in quella che oggi è via Padova, per trovare la morte come dissidenti del regime, con un colpo alla nuca sparato dalle SS agli ordini del maresciallo Gustav Pustowka.

I sette trucidati sono di diversa estrazione sociale: Mario Agni, nato a Bondeno il 30 marzo 1919, milite nella Guardia Nazionale Repubblicana; Mario Arnoldo Azzi – Ferrara, 4 settembre 1919 –, medico e commissario politico dei GAP ferraresi, membro del Comitato di Liberazione Nazionale di Ferrara; Giuseppe Franceschini – Ostellato, 23 gennaio 1911 –, commerciante; Gigi Medini – Ferrara, 30 giugno 1915 – medico chirurgo all’ospedale Sant’Anna di Ferrara; Michele Pistani – Ferrara, 29 novembre 1896 – ragioniere presso il Comune di Ferrara; Alberto Savonuzzi – Ferrara, 25 maggio 1914 – avvocato; Antenore Soffritti – Ferrara, 19 dicembre 1912 – in servizio nella Guardia Nazionale.

A fianco del nome dei sette uccisi, nel registro del carcere compare la scritta: “deportato in Germania”. Non figura nel gruppo dei condannati il giornalista e storico antifascista Carlo Zaghi: il suo nome viene in fretta depennato a seguito dell’intervento del prefetto di Ferrara, che ne ordina il trasferimento a Padova. Nel 1992 lo stessi Azzi scrive: “Con l’eccidio di Caffè del Doro si cambia tattica. I detenuti vengono affidati dalla Questura al braccio secolare della Germania nazista: cioè le SS, abituate da sempre ad andare per le spicce e a considerare eccessivi gli scrupoli giuridici formali e burocratici delle pubbliche autorità fasciste”.

Nell’agosto del 1945 si rintraccia l’autista che ha accompagnato al Doro il gruppo dei condannati, e finalmente si possono organizzare le esequie; la cerimonia si svolge il 29 agosto. Il successivo 2 ottobre 1945 inizia il processo contro chi ha ordinato e chi ha eseguito il massacro, davanti alla Corte d’Assise straordinaria di Ferrara. I capi di imputazione di De Sanctis sono numerosi, tra cui 23 omicidi, 300 persone torturate e molte altre ridotte in schiavitù, oltre ai ripetuti contatti con le SS, solo per citarne alcuni. Il Pubblico Ministero Antonio Buono nella sua requisitoria, oltre a sottolineare la smania delle torture e a rifiutarne la perizia psichiatrica, taccia gli imputati di «astuzia raffinata». Antonio Buono chiede e ottiene per De Sanctis e per quattro collaboratori alla strage (Domenico Apolloni, Mario Balugani, Luigi d’Ercole, Giulio Valli) la condanna alla pena capitale, da eseguire il 4 ottobre 1945. La Cassazione, invece, annulla la sentenza il 12 febbraio 1946; in seguito, un’amnistia annulla la pena.


A cura di

Nicolò Govoni
Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara

Data dell'evento

Venerdì, 17 Novembre 1944

Luogo dell'Evento


Primissima periferia della città, proprio all’inizio dell’odierna via Padova.

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