Scoperta dell’infermeria partigiana
All’inizio di dicembre del 1944 sono passate poche settimane da due dei più importanti scontri armati combattuti in città. Le battaglie di Porta Lame e della Bolognina del mese precedente, hanno confermato che la Resistenza bolognese non solo può contare su un consistente numero di effettivi, ma anche su numerose basi clandestine utili per nascondersi e riorganizzarsi. Il comando tedesco decide per la chiusura del centro storico con recinzioni e reticolati: è possibile entrare o uscire solo attraverso determinati punti e dopo accurati controlli eseguiti da pattuglie miste di tedeschi e fascisti. È la cosiddetta Sperrzone. Tutti i componenti dei comandi partigiani operanti sul territorio sono conosciuti e ricercati. I feriti devono essere trasportati in luoghi sicuri per essere sottoposti alle cure necessarie. Il luogo prescelto è una villa situata al civico 77 di via Duca d’Aosta, oggi Andrea Costa. L’infermeria partigiana non è un semplice ricovero: ha un pronto soccorso, una sala operatoria ben attrezzata per gli interventi d’emergenza e un servizio di trasferimento efficiente per i feriti gravi, ricoverati in strutture più idonee sotto falso nome. Il suo funzionamento vede il coinvolgimento di diverse persone. L’edificio in cui è collocata viene affittato dal dott. Giuseppe Beltrame, responsabile sanitario del CUMER. Con medicinali e materiale chirurgico reperiti attraverso l’ospedale Roncati e l’ospedale Putti un giovane ufficiale austriaco disertore dell’esercito tedesco e il dott. Vincenzi eseguono all’interno della struttura operazioni chirurgiche d’emergenza. Ad affiancarli gli infermieri Cesare Barilli e Bruno Nadalini, le staffette Stella Tozzi e Ada Pasi e il partigiano Pietro Vassura. Sono diverse le misure adottate per mantenere la segretezza dell’infermeria: si evita di aprire le imposte giorno e notte, si vieta qualsiasi movimento durante il coprifuoco e si pensa già ad un suo trasferimento in altra sede. Per mantenere la segretezza delle basi clandestine è fondamentale la collaborazione di tutti. La campagna di repressione nazifascista crede molto nelle delazioni, ossia il tradimento e la denuncia da parte di provocatori, falsi partigiani o doppiogiochisti. Proprio a causa di una confessione di una partigiana curata nell’infermeria durante l’estate, i comandi fascisti vengono a conoscenza della sua esistenza. Il 9 dicembre del 1944 reparti di Brigate Nere fanno irruzione all’interno dell’edificio. Solo uno dei degenti ricoverati riesce a fuggire calandosi da una finestra nel retro dell’edificio, mentre gli altri tredici partigiani feriti presenti nella villa vengono tutti arrestati, insieme al medico austriaco. Dopo due giorni e tre notti di torture sono tutti fucilati il 13 dicembre al Poligono di Tiro in via Agucchi.
A cura di
Andrea Zoccheddu
Istituto storico Parri – Bologna Metropolitana
Data dell'evento
Sabato, 9 Dicembre 1944
Luogo dell'Evento
Città di Bologna